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Transazione della curatela fallimentare non è opponibile al soggetto tornato in bonis

L’impegno a non valersi di un giudicato ha  efficacia solo inter partes. Per tale ragione, il fallito, tornato in bonis, non può in alcun modo giovarsi del giudicato formatosi sulla sentenza di primo grado tra la curatela del proprio fallimento e la controparte. La Suprema Corte riconosce la possibilità del soggetto fallito di avvalersi del giudicato formatosi sulla sentenza di primo grado, nonostante che il curatore del proprio fallimento avesse espressamente dichiarato nella transazione il proprio impegno a rinunciare agli effetti di tale sentenza. La rinuncia agli atti effettuata in appello, di un giudizio definito in primo grado con una decisione di fondatezza dell’azione, investe soltanto gli atti del procedimento di gravame comportando, di conseguenza il passaggio in giudicato della pronuncia per sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione. L’estinzione, a norma dell’art. 310 c.p.c., rende inefficaci gli atti compiuti, ma non le sentenze di merito pronunciate nel corso del processo. Dunque, nell’ipotesi in cui il giudizio sia stato definito in primo grado con una decisione sulla fondatezza dell’azione, la rinuncia agli atti del giudizio compiuta in sede di appello, non potendo che investire soltanto gli atti del giudizio di gravame, comporta il passaggio in giudicato della decisione stessa in conseguenza della sopravvenuta inefficacia della sua impugnazione (Cass. Civ. Sent. n. 6845 del 16.2017).