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Covid 19 e Sicurezza sul Lavoro

Come noto, in seguito alla diffusione dell’agente patogeno denominato Corona Virus (da cui l’acronimo Covid-19), sono stati adottati una serie di provvedimenti volti a contrastare la diffusione del predetto Virus anche negli ambienti di lavoro.

Il contagio da Covid-19 occorso sul posto di lavoro costituisce “infortunio sul lavoro”. L’art. 42, comma 2, del decreto legge n. 18, del 17 marzo 2020 (cosiddetto Decreto Cura Italia), dispone infatti che il contagio da Coronavirus debba essere trattato dal datore di lavoro pubblico e privato e dall’Inail come un infortunio.

È doverosa pertanto, una riflessione sulle questioni giuridiche di rilevanza giuslavoristica, penale, amministrativa ex  d.lgs 231/2001 e che potrebbero sorgere dallo svolgimento di attività di impresa in presenza di condizioni che non rispettino gli adeguati livelli precauzionali stabiliti dalle diverse fonti normative.

Trai diversi provvedimenti normativi e regolamentari emanati il Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure anti-contagio negli ambienti di lavoro, firmato, il 14 marzo 2020, dal Governo e dal Presidente di Confindustria, volto a “coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza degli ambienti di lavoro e delle modalità lavorative” secondo la “logica della precauzione”, ha fornito importanti indicazioni comportamentali per le Società, non solo in ambito igienico sanitario, ma anche in quello organizzativo in senso lato.

Sotto il profilo pratico si ritiene opportuno segnalare come il datore di lavoro debba svolgere alcune attività essenziali a garantire la propria tutela rispetto a potenziali responsabilità.

In primo luogo, è necessario, ove possibile, assumere ogni e più opportuna iniziativa per ridurre o sospendere l’attività lavorativa, anche mediante il ricorso ad ammortizzatori sociali o a congedi retribuiti e, in alternativa, dare la possibilità di svolgere il lavoro in forma agile (c.d. smart working).

In secondo luogo, solo laddove ciò non fosse attuabile, si dovrà prevedere organizzare  la prosecuzione delle attività lavorative, a condizione che vengano assicurati adeguati livelli di protezione per i lavoratori.

Più nello specifico, il datore di lavoro è tenuto a:  1 – effettuare la valutazione dei rischi derivanti dall’esposizione agli agenti biologici presenti nell’ambiente (art. 282, commi 1 e 2, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008);  2 – informare i lavoratori circa il pericolo esistente, le misure predisposte e i comportamenti da adottare (art. 55, comma 5, lett. a), d.lgs. n. 81 del 2008); 3 – fornire i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale (art. 55, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008); 4 – chiedere al medico competente l’osservanza degli obblighi previsti a suo carico (art. 55, comma 5, lett. e), d.lgs. n. 81 del 2008); 5 – chiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione; 6 – programmare gli interventi da attuare «in caso di pericolo immediato» ( art. 55, comma 5, lett. c), d.lgs. n. 81 del 2008 ); 7 – in caso, poi, di affidamento di lavori a un’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda «cooperare nell’adozione di misure di prevenzione e protezione dai rischi» e «coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori» (art. 55, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 81 del 2008).

Solo con il puntuale adempimento di tutte le prescrizioni disposte unito alla necessaria collaborazione dei lavoratori potrà condurre ad una riduzione del rischio in capo al datore di lavoro di incorrere in contestazioni.